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13/11/2020
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Questo libro, pubblicato per la prima volta nel 2016 e poi in seconda edizione nel 2019, è una sintetica ma ben documentata indagine giornalistica su quello che l’autore definisce “il mercato della malattia”, ovvero l’imponente medicalizzazione della società ed i mostruosi interessi che le gravitano intorno.
In un viaggio spesso allucinante, ma fatto di documenti ufficiali, bilanci e statistiche, Pamio ci illustra come l’immenso apparato sanitario-farmaceutico lavori costantemente per procurarsi la sua essenziale materia prima: i malati.
Attraverso campagne aggressive di marketing entriamo nel mondo del “disease mongering” ovvero la trasformazione subdola e costante di normali esperienze di vita in patologie da curare. Vediamo scorrere davanti a noi dozzine di pratiche scorrette e spesso pericolose che hanno il solo scopo di vendere quello che è stato prodotto, talvolta senza neanche essere stato progettato per curare una malattia esistente, ma solo perché un determinato investimento in un brevetto o in una ricerca deve comunque essere ripagato.
Grazie ad una capillare rete di conflitti di interesse “Big Pharma” (il cartello informale delle 10 principali case farmaceutiche mondiali) detta o suggerisce le condizioni della salute in molti paesi sulla base delle esigenze dei propri bilanci, in cui ogni anno vengono accantonate cifre iperboliche per pagare i danni delle proprie pratiche scorrette, ben sapendo che tali pratiche rendono comunque molto di più di qualsiasi multa o sanzione.
Un apparato industriale che ogni anno spende in pubblicità e marketing il triplo o il quadruplo di quello che spende in ricerca e sviluppo. Dal 1980, infatti, in seguito al Bayh-Dole Act, negli USA le università possono brevettare i risultati delle proprie ricerche (finanziate con denaro pubblico) e poi cedere i brevetti a società private in cambio di royalties. Per Big Pharma, quindi, si tratta solo di trovare i canali e di modi giusti per piazzare ciò che è stato acquistato spesso a prezzo di saldo.
Una lettura che induce a riflessioni molto profonde e per niente tranquillizzanti sulla potenza e la pervasività del marketing farmaceutico e sanitario, ma che diventano ancora più importanti ed attuali in questo diabolico 2020.

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