I ricordi di un legionario alla vigilia del suo cinquantesimo compleanno diventano un romanzo in cui ripercorre la sua vita e scopre di non esserne mai stato veramente il padrone.
5.56 è una trama che si snoda tra complotti internazionali e vite sempre al limite, come possono essere quelle dei legionari in epoca moderna, anche se molto diverse dal ritratto che siamo abituati a trarre dalla novellistica classica sul tema.
Il legionario moderno è un professionistica della sicurezza lucido e senza aloni romantici. Non un avventuriero in fuga dalla galera o dai debiti, ma una persona che ha scelto deliberatamente di essere in Legione per sentirsi parte di un unico gruppo in cui le individualità deteriori e gli egoismi vengono annullati. Ma questo vuole dire correre il rischio di trovarsi ad essere pedine di giochi più grandi, forse troppo più grandi. Come un pedone sulla scacchiera, però, quando si acquisisce la consapevolezza di esserlo, si possono scompaginare le mosse degli altri pezzi e dare lo stesso scacco matto al Re.
Lo stile di Talanti è veloce, secco, molto “action” e soltanto al protagonista principale è riservato un certo approfondimento psicologico, favorito dalla narrazione in prima persona (5.56 è in realtà strutturata in una saga con diversi capitoli e diversi protagonisti), ma lo trama scorre piacevolmente, lasciando molti spunti di riflessione, soprattutto facendoci intravedere una scacchiera del mondo che non ha i colori ed i pezzi che abbiamo sempre pensato.